La TIN di Vicenza
Presso la TIN, Terapia Intensiva Neonatale, dell’Ospedale San Bortolo di Vicenza è stato attivato, dal marzo 2018, un sostegno psicologico ai genitori dei neonati ricoverati in reparto, nell’ottica della Care centrata sul neonato e la sua famiglia.
Quando si parla di genitorialità si fa riferimento all'insieme delle rappresentazioni, degli affetti e dei comportamenti del genitore in rapporto al proprio bambino o ai propri bambini, che siano nati, in gestazione o non ancora concepiti. Il processo mentale individuale di diventare genitori, animato dal desiderio di avere un bambino, corrisponde a una lunga evoluzione che attraversa l'infanzia, l'adolescenza e l'età adulta. Non può essere dissociato dal suo specifico legame generazionale, dall'ambiente sociale e culturale e dall’esperienza sensoriale e biologica.
La nascita prematura interrompe bruscamente tale processo e costringe il genitore a creare una nuova rappresentazione e allo stesso tempo a lasciare andare le fantasie e i pensieri legati al proprio figlio/a durante la gravidanza, quando la mente e il corpo si preparano ad accogliere il nascituro. Dobbiamo considerare che la nascita prematura è una condizione che in natura porterebbe alla morte, quindi le conoscenze mediche e tecnologiche tentano di ricreare artificialmente l’ambiente uterino, vitale per la sopravvivenza del feto.
Il mondo in cui viene accolto non sostituisce l’ambiente materno, e il neonato si trova ad adattarsi, prima del tempo, ad una situazione che ne influenza inevitabilmente lo sviluppo. I genitori che vengono catapultati in un reparto di terapia intensiva neonatale, si trovano ad affrontare una situazione a loro estranea, e a delegare ad altri le cure del loro figlio. Le aspettative nei confronti di coloro che li curano sono alte, ma anche le difese messe in atto per affrontare la situazione fungono da freno all’appropriazione di un ruolo genitoriale che non si sentono ancora cucito addosso e che viene spesso trasferito su altre figure di accudimento, con tutti i limiti del caso. I genitori hanno bisogno di uno spazio per parlare delle loro emozioni, per sentirsi legittimati ad esprimere tutto il vissuto che l’esperienza in TIN ha elicitato. La sensazione di perdita scatenata dalla nascita prematura fa emergere sentimenti ambivalenti, come la paura, il desiderio, l’angoscia di separazione, il sollievo per il distacco, il rifiuto, la delusione, la speranza. E’ difficile tenere insieme tutte queste emozioni così contrastanti tra loro, che vanno accolte senza giudizio, e senza dover trovare nell’immediato una spiegazione. In quest’ottica il personale della TIN funge da incubatrice emotiva che contiene, accoglie e custodisce l’esperienza che ogni genitore vive in reparto con il proprio bambino.
L’équipe medico-infermieristica, insieme alla psicologa, hanno anche come obiettivo, ciascuno con il proprio ruolo, quello di aiutare il care-giver a far germogliare la sua funzione genitoriale nei confronti del figlio. E’ importante che i genitori esprimano con parole loro il proprio stato d’animo, i propri sentimenti, proprio perché la costruzione della genitorialità, in questo frangente, è influenzata anche dall’ospedalizzazione. Il sistema ospedaliero si inserisce dunque con le sue regole e i suoi codici in un mondo, quello della gestante che contiene nel proprio utero il suo bambino, in cui il tempo è scandito dal battito cardiaco, il ritmo è quello fisiologico di due corpi che vivono insieme, uno contiene l’altro, lo nutre, gli offre l’ambiente ottimale per crescere. Sia i genitori che il loro bambino si devono quindi adattare ad un ambiente in cui ci sono suoni, ritmi, regole, persone e macchine che sembrano aumentare la distanza tra di loro.
I neonati prematuri inoltre sembrano non aver bisogno di nessuno, appaiono piccoli e fragili, non hanno apparentemente delle reazioni al contatto dei genitori che possano ricondurre alla loro presenza. Inoltre non vanno eccessivamente stimolati e occorre dare loro uno spazio che prolunghi l’ambiente protettivamente contenitivo dell’utero. Il neonato gravemente pretermine ha bisogno, nelle prime settimane di vita, di un ambiente il più possibile simile a quello che ha prematuramente lasciato, un ambiente tranquillo e stabile che gli permetta di finire il suo sviluppo fetale e aprirsi al mondo piano piano.
Questo stato di estrema vulnerabilità deve essere contenuto dall’ambiente accudente, che deve garantire un confine stabile che definisce il Sé, confine che è stato perduto con il distacco dal confine materno. E’ difficile trovare uno spazio per pensare, perché i pensieri sono intrecciati con le angosce legate alla sopravvivenza del proprio figlio e perché non solo i neonati, ma anche i genitori si trovano immersi anzi tempo in un mondo che non hanno voluto, non conoscono, e non sono preparati in nessun modo ad affrontare, e in cui manca anche una sorta di trasmissione generazionale di ruoli e competenze. Gli strumenti di lavoro si affinano con il tempo, la conoscenza giorno per giorno e un atteggiamento di curiosità, aperto alla scoperta ma anche alla capacità di tollerare il non sapere.
Anche lo sguardo assume allora un significato, perché permette ai genitori di stare con i propri piccoli, di conoscerli, di abituare sé stessi e il proprio figlio alla reciproca presenza e la voce diventa un altro potente strumento per entrare in comunicazione con il proprio figlio. Non occorrono lunghi discorsi, basta una parola, una frase, che trasmetta, attraverso le frequenze sonore della voce materna e paterna, l’affetto e il calore che ogni genitore è in grado di provare per il suo bambino. Sappiamo che i neonati, anche pretermine, hanno specifiche reazioni alla voce della madre e del padre, e nell’ambiente della TIN, dove la colonna sonora è rappresentata dal suono dei monitor e dalle voci del personale, è importante dare la possibilità ai piccoli pazienti di ritrovare suoni a loro familiari.
Il difficile è lavorare nell’incertezza e non cedere al bisogno di dare delle risposte ai nostri genitori che in questo contesto di estrema incertezza, vengono “ingaggiati” a restare accanto, il più possibile, ai loro piccoli, pur con tutte le limitazioni e difficoltà legate all’ambiente della TIN, alla gestione familiare e organizzativa e alle risorse emotive interne di ciascuno di loro.
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